Pubblicato da Claudia il 3 maggio 2013
Dalla Francia, fave non tossiche per soggetti affetti da favismo
Sono prive dei composti che nei fabici possono causare anemia anche grave.
Allo studio ha partecipato una équipe dell’ospedale civile di Alghero.
ALGHERO 31 marzo 2012 – Anche i soggetti affetti da favismo, carenti di G6pd, portatori cioè di una variante dell’enzima glucoso-6-fosfato deidrogenasi, potrebbero mangiare fave, quelle però a basso tenore di due composti glucosidici, vicina (V) e convicina (C), che nei fabici possono causare anemia anche grave.
Sembra dimostrare questo lo studio sperimentale portato avanti da tre équipe di medici e ricercatori che per 2 anni hanno svolto una ricerca su soggetti parzialmente (eterozigoti) carenti di G6pd in una prima fase e, in seguito, su soggetti con carenza totale dell’enzima. In campo, per affrontare questo studio ci sono, guidati dal primario del Laboratorio analisi di Alghero Luigi Felice Simula, i medici, infermieri e tecnici della struttura al secondo piano dell’ospedale civile di Alghero, (Salvatore Dettori, Lucia Masala, Gabriella Piroddi, Liliana Ara, Patrizia Delrio, Maria Antonietta Dinurra, Gina Onida, Fausto Caria, Mario Bertora, Laura Dettori, Susanna Loi, Gianni Scanu), coadiuvati anche dal Centro trasfusionale algherese (Mario Manca e Nicolino Contini), i ricercatori del Dipartimento di genetica, biologia e biochimica dell’Università di Torino con a capo il professor Paolo Arese (Valentina Gallo, Evelin Schwarzer, Olexii Skorokhod), quindi l’équipe guidata da Gérard Duc dell’Inra, l’Istituto nazionale della ricerca agronomica di Digione in Francia.
Lo studio parte dalla ricerca congiunta realizzata dall’Inra di Digione in collaborazione con l’università di Torino. Il gruppo francese ha selezionato alcuni ceppi di fave a bassissimo contenuto di componenti tossici per i soggetti G6pd carenti. «Queste fave sono perfettamente commestibili e potrebbero rappresentare una soluzione al problema del favismo – afferma Luigi Felice Simula –. Scopo del progetto, nel quale siamo stati invitati a partecipare dal professor Arese dell’Università di Torino, è stato quello di accertare la non tossicità, per soggetti affetti da carenza di G6pd, delle fave con bassissimo tenore di vicina e convicina (V/C). Ma non esisteva ancora alcuno studio nutrizionale che ne accertasse la innocuità anche per soggetti G6pd-carenti».
«Da qui – prosegue Simula – siamo partiti con la sperimentazione di queste fave su un gruppo ristretto di donne, selezionate per la presenza di una carenza enzimatica parziale, reclutate su base volontaria ad Alghero».
Dall’indagine erano rimasti fuori in una prima fase i maschi G6pd carenti (emizigoti) che sono stati oggetto di un secondo studio.
Questo studio conclusivo è stato condotto nel marzo 2011 e ha dato risultati sovrapponibili a quello eseguito sulle donne con carenza parziale. «Durante l’osservazione – spiega ancora il primario del Laboratorio analisi di Alghero –volontari abbiamo somministrato 500 grammi di fave fresche ogni 70 chili di peso corporeo, una quantità superiore dieci volte un normale pasto. Con cadenza oraria abbiamo monitorato i valori dei globuli rossi nel sangue. A distanza di 10 ore e poi di 24 e 48 ore dall’ingestione non si è avuto né alcun danno biochimico ai globuli rossi né alcun segno di emolisi».
I dati della sperimentazione sono stati presentati durante due simposi, prima nell’ottobre del 2010 al congresso della Società italiana medicina di laboratorio (Simel) svolto a Verona (il lavoro è stato premiato per l’originalità del contributo scientifico alla conoscenza di problematiche attinenti alla Medicina di laboratorio), poi di recente a Parma nel novembre 2011, al congresso nazionale congiunto della Società italiana medicina di laboratorio (Simel) e della Società italiana di biochimica e biologia molecolare clinica (Sibioc).
Come è noto i semi di fave sono totalmente innocui nei soggetti che hanno livelli normali per l’enzima G6pd. Nonostante la loro innocuità (rappresentano un alimento largamente consumato nella nostra regione), i semi di fave inducono leggere e transitorie modificazioni biochimiche anche nei soggetti non-carenti. Eseguendo misurazioni molto sensibili è, infatti, possibile rilevare l’azione sui globuli rossi delle sostanze contenute nelle fave. Queste modificazioni sono di breve durata (alcune ore), non causano alcun danno apparente ai globuli rossi e non causano alcuna anemia.
Nel caso dei soggetti G6pd carenti, queste modificazioni sono molto più marcate, non sono reversibili (persistono nel tempo) e nel giro di 24-48 ore dall’ingestione delle fave possono causare la distruzione dei globuli rossi da parte della milza con conseguente anemizzazione. Nei casi più gravi (prevalentemente riscontrati nei bambini e negli anziani) l’anemia può essere molto grave e richiedere una o più trasfusioni di globuli rossi. I soggetti di sesso maschile con deficit totale di G6pd eritrocitaria sono quelli nei quali, come noto, si manifestano la maggioranza delle crisi fabiche.
«I risultati conseguiti – afferma Simula – sono la prima evidenza del fatto che fave a basso contenuto di componenti glucosidici possono essere somministrate in larga quantità a soggetti fabici, senza il rischio di distruzione dei globuli rossi».
«Siamo convinti – conclude il responsabile del laboratorio analisi algherese – con i nostri colleghi di Torino e Digione, che questo studio possa incoraggiare la sostituzione dei cultivar tradizionali, potenzialmente tossici, con questi nuovi cultivar, innocui pur essendo dotati delle stesse caratteristiche nutrizionali ed organolettiche dei cultivar tradizionali».
Breve curriculum di Paolo Arese
Ha insegnato biochimica nelle Università di Sassari (1976-1982) e Torino (1983-2010). Attualmente è direttore scientifico del Centro interuniversitario di studio sulla malaria al dipartimento di Genetica, Biologia e Biochimica dell’Università di Torino. Si occupa di biochimica del globulo rosso normale e patologico dal 1970.
Durante gli anni sassaresi si è occupato di favismo e talassemia, chiarendo il meccanismo d’azione dei composti tossici (vicina e convicina) contenuti nelle fave e responsabili delle crisi fabiche. In questi studi ha proficuamente collaborato con il gruppo del professor Tullio Meloni, allora direttore della Clinica pediatrica dell’Università di Sassari, autore di importanti studi sul favismo, con la professoressa Anna Sisini, docente di Biochimica a Sassari, con colleghi della Facoltà di Agraria, con Luigi Felice Simula, Franco Turrini e Lidia Mannuzzu, allora studenti in medicina e tesisti su problemi correlati con la carenza di G6pd ed il favismo.
Preziosa era la collaborazione di Anna Naitana, validissima tecnica dell’Istituto di Via Muroni e Tonino Naitana, per alcuni anni post-Doc presso il gruppo di Biochimica.
Rientrato a Torino, dal 1989 si occupa di malaria, studiando fra le altre cose i difetti ereditari del globulo rosso che proteggono contro la malaria grave. Fra gli altri, la carenza di G6pd e le varie forme di talassemia, particolarmente frequenti in Sardegna, una eredità del loro ruolo protettivo nei confronti della malaria, una malattia estrememente frequente in Sardegna, eradicata completamente soltanto all’inizio degli anni ’50 del secolo scorso.
Source: http://www.aslsassari.it/index.php?xsl=7&s=26267&v=2&c=29